La tradizione marziale filippina è tanto variegata quanto diverse e multietniche sono tra loro le oltre 7000 isole che compongono l'arcipelago, attraverso cui si articola il paese della Repubblica delle Filippine.
I nomi attraverso cui la disciplina viene tradizionalmente identificata sono anch'essi molto vari e, tra quelli di uso più comune, si ricordano: Arnis de mano - Eskrima - Kali - Silat - Kuntao - Estoque - Kaliradman - Pagkalikali.
Al giorno d'oggi, il termine che viene più generalmente impiegato, parafrasando il lessico dei cultori di estrazione più tradizionale, è "Kali" per rappresentare l'antica arte diffusa nelle Filippine prima dell'insediamento della dominazione cinese nel IX secolo.
Secondo la leggenda, l'efficacia in combattimento di tale disciplina fu dimostrata da Lapu Lapu e dal suo sparuto gruppo di guerrieri, armati di sole armi bianche, che -nella celebre battaglia di Mactan (1521)- tolse la vita a Magellano oltre che a molti altri conquistatori provenienti da diverse parti del globo, interessati alle grandi ricchezze (rame e metalli preziosi) presenti in molte isole e alla favorevole posizione geografica dell'arcipelago, sfruttabile per scopi commerciali.
Incentrata su movimenti idonei a consentire l'uso di una vastissima gamma di armi bianche, oltre a comprendere sofisticati concetti a mano nuda, quest'arte altamente efficacie, letale e testata in continui combattimenti, ha permesso alle Filippine meridionali di non essere conquistate per oltre 400 anni.
Diversamente dalla maggior parte dei sistemi marziali tradizionali, le arti filippine sono articolate secondo una metodica di allenamento che vede l'insegnamento delle armi precedere, a volte seppur di poco, l'insegnamento della tecnica a mano nuda; tale impostazione, che stravolge la progressione tecnica di molti metodi di combattimento, è principalmente dovuta a fattori di ordine storico ed è resa possibile dall'impiego di principi tecnici comuni tra la parte armata e quella disarmata.
Sotto il profilo storico, infatti, la popolazione delle filippine ha sempre dovuto fronteggiare invasori stranieri: inglesi, olandesi, portoghesi, cinesi, spagnoli e frequentemente è stata, altresì, dilaniata da lotte interne tra tribù indigene rivali. In tali situazioni, il portare con se un'arma bianca era cosa normale, e in tale ambito la spada e la daga erano le armi più diffuse. Spesso la differenza tra la vita e la morte era determinata dall'abilità dei contendenti nell'utilizzo marziale delle armi. Considerata l'alta possibilità di scontri armati, le armi venivano, quindi, insegnate accuratamente e da subito.
Dal punto di vista tecnico, poi, lo studente -armato o disarmato che sia- impara a relazionarsi a qualunque situazione, utilizzando i medesimi concetti di angolazione e posizionamento del corpo e basando la propria tecnica su movimenti fluidi e rapidi spostamenti desunti dall'allenamento armato.
Il bagaglio tecnico riferito alle arti marziali filippine insegnato dalla KESA, secondo i metodi di insegnamento propri del Magda Institute di Los Angeles (California), è principalmente fondato su alcuni dei più raffinati e antichi stili di origine filippina, tra cui i sistemi di John Lacoste (come rielaborato da Dan Inosanto), Floro Villabrille e Leo Giron.
Al giorno d'oggi la maggior parte delle aggressioni sono operate con armi da taglio. Questo fatto rende il Kali un'arte marziale molto attuale dato che basa il proprio metodo di apprendimento tecnico sull'uso, fin dalle prime lezioni, delle armi bianche (coltelli, bastoni, ecc) e questo conferisce al praticante un'ottima base per gestire la propria autodifesa, anche in condizioni estreme, avendo acquisito familiarità con l'uso di questi oggetti in dell'allenamento.
Il Kali, dunque, studia I molteplici angoli di attacco possibili in un combattimento reale con le armi bianche ed induce nel praticante una manualità ed una padronanza tale da rendere questi strumenti del tutto familiari.
L'uso delle armi per allenarsi al combattimento, aumenta la percezione del movimento ed il colpo d'occhio, dato che l'arma viaggia ad una velocità molto più elevata degli arti "nudi"; il così viene stimolato a fare movimenti altrettanto rapidi evitando situazioni di stallo che potrebbero essere fatali in ottica di combattimento reale. L'allenamento specifico con le armi fa si che il praticante apprenda la scienza d'uso delle armi bianche memorizzando gli automatismi necessari per poterle usare in caso di difesa reale ( "Conosci la strategia delle armi del tuo nemico ed avrai vinto la guerra" ).
Ma la vera forza del sistema Kali risiede nella interscambiabilità delle armi cosi da poter utilizzare in combattimento sia il coltello che il bastone che qualsiasi altro oggetto (una cinta una borsa o un telefono...); l'abilità di utilizzo delle armi bianche rende inoltre il praticante di Kali capace di utilizzare anche le parti del proprio corpo come un'arma senza dover cambiare modo di muoversi: gli stessi movimenti fatti con il coltello saranno sempre ed egualmente efficaci con le mani, I gomiti o le ginocchia.
Lo scopo finale della disciplina è quello di "sopravvivere ad ogni costo"
Le arti marziali filippine sono state "saccheggiate" delle loro tecniche da una moltitudine di discipline "moderne", le quali hanno estrapolato alcuni principi di comprovata efficacia senza pero un contesto metodologico in cui questi principi funzionano appieno: Per poter padroneggiare il Kali occorre studiarne l'intero percorso didattico senza tralasciare parti apparentemente scontate ma che invece contribuiscono a rendere il metodo cosi efficace.
Il Kali è una disciplina che per oltre 7 secoli è sopravvissuta immutata nonostante l'evolversi delle tecnologie di combattimento, perché ha una efficacia reale validata dall'uso nei campi di battaglia ed è ancora come allora in grado di dare le stesse risposte efficaci in situazioni di difesa della persona.
L'importante è la sostanza: Non cercate I diplomi da appendere, allenatevi! Allora avrete le risposte.